Nell'ambito del seminario sulla Preistoria organizzato dall'Università di Siena ho potuto seguire meno della metà, per motivi spazio-temporali (aereo che incombeva) ma anche mentali.
Rispetto alle tabelle di marcia previste si sfora inevitabilmente - per via di "variabili varie" - per cui ho perfino dovuto chiedere di anticipare il mio intervento per non rischiare di perdere l'aereo.
Quel poco che ho seguito, l'ho seguito a singhiozzo perché ogni tanto cadevo nel ripasso mentale della mia relazione, con adeguamenti dovuti a quanto udivo. Parlare di risorse didattiche sulla Preistoria dopo gli interventi di illustri accademici non è che fosse una passeggiata...
Quello che segue è frutto dei pochi momenti di lucidità come spettatrice prima del mio intervento come relatrice.
Intanto va detto che fra gli intenti dell'incontro c'era anche quello di fornire un'occasione di raccordo fra mondo accademico, scuola e musei. In effetti esiste da sempre il problema della chiusura, della mancanza di comunicazione, dei compartimenti stagni. Momenti come questo, in cui ciascuno esprime il proprio punto di vista, sono decisamente auspicabili.
A introdurre e coordinare i lavori è stato il dr. Massimo Tarantini, che ha presentato il problema della Preistoria, bistrattata nei libri di testo nonostante ricopra indubbiamente un arco di tempo schiacciante rispetto al resto della storia dell'umanità.
A seguire, l'on. Mauro Ceruti, filosofo e senatore, il quale ha fornito un quadro epistemologico completo ed elevato sulla Preistoria come evoluzione dell'essere umano.
Infine il prof. Antonio Brusa che ha presentato, con il suo stile coinvolgente, gli stereotipi dell'uomo preistorico nei libri di testo, suscitando l'intervento dal pubblico da parte del prof. Marco Valenti, medievalista, il quale ha effettuato un parallelismo fra uomo preistorico e uomo medievale, vittime di stereotipi analoghi (in effetti sul Medioevo stereotipato si era dibattuto lo scorso anno nella Summer School sul Paesaggio medievale all'Istituto Cervi di Gattatico).
Ma, tornando al problema dei compartimenti stagni, poiché ogni figura professionale possiede la propria specializzazione (estremamente specifica e profonda negli accademici, sempre meno approfondita e allo stesso tempo più "estesa in superficie" nei docenti dei diversi ordini di scuola), è fondamentale uno scambio.
Come può un insegnante evitare di cadere negli stereotipi? Ora, penso a me stessa: la mia formazione è archeologico-classica, eppure mi ritengo più in grado di individuare errori e incongruenze nelle grammatiche che stereotipi nei manuali di Storia. Anche perché basta un raffronto fra più grammatiche per rilevare le differenti teorie sulla stessa questione, individuare i punti di debolezza, formarsi un'opinione in merito e argomentarla con gli alunni. Ma con la Storia come si fa? Un raffronto fra più manuali di Storia non è altrettanto efficace: servono punti di riferimento, servono letture più specialistiche a approfondite... ma come approdare a queste se nei libri di testo non è esplicitata la bibliografia?
Magari si devono seguire più seminari come questo e consultare risorse del web come quelle che seguono.
Vediamo qualche link sugli stereotipi della Preistoria:
- Gold: Piccoli Detective a caccia degli stereotipi della Preistoria (esperienza che non a caso coinvolgeva Elena Musci, di cui avrei voluto seguire l'intervento a Siena),
- Stereotipi dei manuali di Storia antica: a vantaggio di chi le rivoluzioni agricole e urbane?, in Homolaicus,
E anche sugli stereotipi del Medioevo:
- www.mondimedievali.net/pre-testi/stereotipi.htm (un prontuario di Brusa, già segnalato da me qua),
- Il medioevo a scuola: un problema di luoghi comuni? su Reti medievali.
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